MONETE ANTICHE O TAPPI DI BOTTIGLIA ?, RICEVO DAL DOTT. LIBERO MANGIERI

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Matteo Scagliarini
view post Posted on 6/10/2005, 18:54     +1   -1




Quando si riesce ad evitare la polemica tra sigle sindacali, sottaraendosi al gioco perverso che si esaurisce nell'autorappresentazione, anche durante le assemblee elettorali, si incrociano interessanti discussioni come quella avvenuta ad Egnazia.

Dal dott. Libero Mangieri ricevo l'articolo che pubblico
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SU CRONACA NUMISMATICA
OTTOBRE 2005


MONETE ANTICHE O TAPPI DI BOTTIGLIA ?
Nel recente decreto legge del 17 agosto 2005, n.164, all’art. 4, punto 2, un’importante di-sposizione, relativa alle cose di interesse numismatico, modifica il codice dei Beni Cultura-li, in particolare l’art. 10 comma 4, lettera b). In tale disposizione si afferma: dopo le pa-role: «le cose di interesse numismatico» sono aggiunte le seguenti: «la cui produzione, in rapporto all'epoca, alle tecniche e ai materiali, non sia caratterizzata da serialità' o ripetiti-vità».
Nello stesso decreto, all’art. 4 comma b, viene anche abrogato l'articolo 2-decies del de-creto-legge 26 aprile 2005, n. 63, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2005, n. 109 (in G.U. n. 146 del 25 giugno 2005). Quest’ultima normativa aveva suscitato non poche critiche da parte dei numismatici italiani, confluite in un sintetico documento del 1° luglio 2005, documento che è possibile leggere alla fine del mio intervento e che man-tiene intatto tutto il suo valore analitico e critico rispetto non solo alla legge 109, abrogata dopo solo 22 giorni, ma anche rispetto al decreto del 17 agosto che, se possibile, peggio-ra, accentuandone le caratteristiche negative, la precedente legge, in quanto va a minare il cuore stesso del codice dei Beni Culturali.
Il punto nodale del decreto è la caratteristica di serialità e ripetitività delle monete che dovrebbero essere escluse dalla tutela. È ben notorio, a coloro che hanno anche una minima infarinatura di numismatica, che la moneta – originatasi nella Microasia,
intorno agli inizi del VI sec. a. C -, per sua stessa natura è un prodotto seriale e ripetiti-vo, e tale è restato nel corso dei secoli. In base a tali caratteristiche il decreto legge di cui sopra, nella sua formulazione, e secondo la mia lettura, sottrae in pratica tutte le monete, di qualsiasi epoca, dall’obbligo della tutela.
D’altra parte è pur vero che ogni moneta ha poi seguito un suo percorso, divenendo un testimone dell’Arte, dell’Economia e della Storia del periodo in cui è stata prodotta e pertanto, sotto tale veste, può essere vista come un documento unico ed irripetibile. Ma una tale interpretazione, anche in rapporto all'epoca, alle tecniche e ai materiali, non è ammissibile nel nostro caso, in quanto era tale prima della legge e del successivo decreto, mentre l’emanazione della normativa tende proprio a sfoltire in parte (?) o del tutto, il pa-trimonio numismatico, assimilando le monete a tappi di bottiglia.
Se poi ci si chiede qual è l’obiettivo reale di tale norma, non si può fare a meno di chiedersi “cui prodest”? Nel corso degli anni da parte di alcuni commercianti (naturalmente non quelli della AINP), di collezionisti di monete (non tutti) e tombaroli (tutti), c’è stato un costante tentativo di far considerare i cosiddetti “doppioni” (quelli che dovrebbero rientrare nella dizione di seriale e ripetitivo), materiale inutile ai fini della tutela, anche se estrema-mente utile per i commerci.
Conosciamo tutti l’importanza delle monete rinvenute nei contesti archeologici. Quelle mo-netine brutte, di bronzo, quasi illeggibili di IV-V sec. d. C., tutte più o meno ripetitive, hanno offerto informazioni basilari agli archeologi. Nei contesti dove non era possibile, in base alla lettura di altri elementi, collocare la tomba o lo scavo in un secolo o in un altro, etc. questi esemplari hanno fornito precise e fondamentali indicazioni. Certo il decreto, contra-riamente alle legge 109, prevede che sia il Ministero, attraverso i suoi funzionari, ad indi-viduare il materiale da tutelare o no. Ma in presenza di un dettato legislativo, a dir poco, ambiguo, è possibile immaginare, fin d’ora, le innumerevoli cause intentate, anche perso-nalmente, a chi cerca di far il proprio mestiere con onestà.
Sono del parere che esistono esemplari monetali che per usura, sporadicità, epoca, pos-sono non essere definiti “Beni Culturali”. Per identificarli, al di là di quella formulazione equivoca del decreto, si poteva utilizzare la seguente dizione: “le cose di interesse nu-mismatico che presentino un rilevante interesse artistico, storico o archeologico.” Tale formulazione avrebbe potuto offrire ai funzionari del Ministero (ma anche agli esperti esterni) la possibilità di effettuare distinzioni, in base alla loro conoscenza e sensibilità, di-chiarando non rilevante l’interesse di quei nummi di cui sopra.
Se, - al di là di ciò che è lecito comprendere del suddetto decreto-, esiste qualche altra interpretazione sarà opportuno segnalarla e renderla ben chiara. Nel frattempo, nell’attesa di urgenti chiarimenti lo scrivente, qualora venisse convocato per effettuare pe-rizie di monete, inviterà l’A. G. a rivolgersi direttamente al Superiore Ministero per notizie sulla stato della tutela di detto materiale. Inoltre sospenderà qualsiasi dichiarazione am-ministrativa, sia relativa a privati che ad enti pubblici, dal momento che non possono esse-re notificati reperti non più soggetti a tutela.
Immediate ed inevitabili conseguenze di tale decreto saranno:
a) l’esodo di miriadi di monete all’estero – per la commercializzazione -, e conseguente depauperamento del patrimonio artistico nazionale;
b) l’incremento notevole di attività (fino ad ieri illecite) di reperimento, nei siti archeologici, di questa classe di materiale, senza che le forze dell’ordine possano intervenire.
Mi permetto di offrire qualche altro e serio elemento di riflessione.
La recente riforma del Ministero ha creato una serie di direzioni generali, oltre a quelle re-gionali che, a mio avviso, hanno reso la struttura poco agevole. Non solo, le non poche ri-sorse utilizzate per l’attuazione della stessa, hanno reso ancora più magro e misero il bi-lancio delle spese correnti del ministero, con conseguente limitazione delle possibilità di tutela. Solo a mo’ di esempio nel 2001 il bilancio del mio ufficio, relativo alle spese di mis-sioni, era di 225.000/00 euro, quest’anno è di 35.000/00. In quattro anni ben 190.000 euro in meno. Identico salasso per gli altri capitoli di spesa con conseguenze catastrofiche per chi materialmente dovrebbe garantire la tutela. E, da notizie apprese dalla stampa, sembra che nella prossima finanziaria siano previsti ulteriori tagli ai ministeri, causa sprechi degli stessi…
Per poter continuare a svolgere un minimo di tutela, noi funzionari (ma anche il personale che ci coadiuva) non solo siamo costretti a rinunciare a quasi tutte le integrazioni econo-miche, ma ci spostiamo – garantendo la tutela territoriale - con fondi nostri, con auto pro-pria e senza alcuna copertura assicurativa. Ma fino a quando ciò sarà possibile? Vorrei ri-cordare, a tal proposito, la storiella del mulo che lavorava incessantemente, senza essere alimentato e abbeverato dal proprietario. Quando l’animale morì il proprietario si meravi-gliò di tale avvenimento, dal momento che l’animale si era ormai bene abituato a lavorare senza aver bisogno di nulla, e soprattutto senza che egli dovesse spendere soldi per mantenerlo…
Più volte ho dovuto rinunciare a organizzare esposizioni di monete, di grande pregio e in-teresso storico, per impossibilità di muovermi col mezzo proprio (il mio territorio abbraccia tutta la Puglia), ma anche per impossibilità di garantire un minimo di sicurezza allo stesso materiale che avrei voluto esporre. Tali difficoltà sono un po’ comuni a tutti i funzionari, per cui è lecito affermare che ci è difficile poter fare promozione culturale, anche in collabora-zione con Enti o Università, a meno che non si vada, come questuanti, alla ricerca di risor-se economiche.
Non conosco esattamente quanti funzionari numismatici sono presenti nel nostro Ministe-ro, ma credo siano meno di 5. Concorsi non se ne fanno più dalla fine degli anni “70” e quasi tutti coloro che parteciparono all’ultimo concorso sono traslocati all’università, dove almeno godono di uno stipendio più dignitoso. Niente più assunzioni significa che fra qual-che anno, al massimo 15, il Ministero chiuderà i battenti. Per quel che riguarda il personale scientifico, entro dieci - dodici anni credo che quasi tutti i funzionari andranno in pensione, senza attuare quel salutare ricambio generazionale che permette ai giovani di trarre linfa vitale da chi ha dietro le spalle sacrifici ed esperienza.
Sarebbe utile che il Ministro, ma anche tutte le forze politiche di qualsiasi orientamento, provvedesse a mettere mano alla ricostruzione dello stesso Ministero e a dare un urgente contributo per una seria valorizzazione di questo immenso tesoro di arte e di storia che è il patrimonio culturale d’Italia, partendo anche dalle considerazioni di cui sopra.


Giuseppe LIBERO MANGIERI
Archeologo Direttore Coordinatore
Responsabile del Servizio Centrale Numismatica
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia


GLI STUDIOSI ITALIANI DI NUMISMATICA

Gli studiosi italiani di numismatica, presa visione della Legge 25 giugno 2005, n.109, che all’art. 2-decies modifica il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.L. 22 gennaio 2004, n.41) relativamente ai beni numismatici, esprimono il loro totale dissenso nei confronti di detto art. 2-decies, che giudicano fortemente pregiudizievole per il futuro degli studi storici ed archeologici, e in contrasto con il dettato costituzionale che impegna lo Stato alla tutela del patrimonio culturale comune della Nazione.
Di fatto l’art. 2-decies citato, introducendo una distinzione tra monete antiche di pregio e monete seriali, ed escludendo queste ultime dall’obbligo di tutela, ignora che la moneta è di per sé un prodotto seriale, e che le sue potenzialità come fonte storica prescindono dalla sua unicità o rarità. Al contrario è proprio la conoscenza di un numero elevato di re-pliche che consente di ricostruire dati quantitativi sulla entità della produzione delle zec-che, e quindi di riconoscere fenomeni storici, economici e finanziari del mondo antico.
Va inoltre rilevato che la moneta non ha importanza soltanto per sé, ma, come ogni altro reperto archeologico, assume valore in rapporto al contesto da cui proviene. In ogni caso anche una singola moneta non di pregio, rinvenuta occasionalmente o parte di collezione, e priva di dati di provenienza, è in grado di fornire informazioni storiche, se letta da uno specialista, l’unico competente a valutarne l’importanza scientifica.
Pare quindi assolutamente improprio introdurre norme di tutela che considerano un bene archeologico, quale è la moneta antica, soltanto in rapporto al suo valore venale.
D’altro canto l’esclusione di “ogni obbligo di notificazione alle competenti autorità”, impedi-sce qualsiasi controllo sui materiali ritrovati, favorendo per tale via il commercio delle mo-nete antiche illegalmente acquisite, e incentivando gli scavi clandestini…
Per tutti questi motivi si riprova il disposto dalla Legge n.109, e si esprime il rammarico per il mancato coinvolgimento nella elaborazione del testo di legge dell’Istituto Italiano di Nu-mismatica e degli specialisti numismatici che vi fanno capo. Questi si dichiarano comun-que disponibili a prestare la propria collaborazione per la indispensabile revisione dell’articolo riguardante i beni numismatici.




 
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