| Riporto un pezzo che appare sui blog che girano in rete, facciamo in modo che questa morte non passi inosservata, penso che anche per questo uomo sia degna la medaglia d'oro come uomo di pace e come testimone per sempre delle atrocità della guerra piccola o grande che sia. Per molto meno, anzi assai meno una medaglia d'oro è stata concessa alla memoria non ad un soldato ma un contractor solo perchè "così muore un italiano". Da questo forum sarebbe opportuno lanciare una proposta per riconoscere a Fabio Polenghi che il suo sacrificio sia servito a comprendere meglio gli orrori che stanno coinvolgendo quella terra è morto per la democrazia armato soltanto di una macchina fotografica. "Non spargerò retorica sulla morte di Fabio Polenghi. Del suo lavoro, della sua vita e della sua fine troverete tante cose su questo sito e su altri. Qui, nella piccola comunità di lettori che amano la fotografia, mi sembra più giusto pensare a lui attraverso i suoi occhi, con una sua fotografia.
E ricordare a tutti noi che Fabio era un fotografo di mestiere, non un avventuriero; che come tanti ha cercato la sua strada fra le tante che il mestiere gli offriva, anche quelle meno eroiche e spesso guardate con un’aria di superiorità dagli ideologi, come la moda.
Per farci magari scoprire che la coscienza c’entra anche con la fotografia di moda, per esempio quando si collabora a un impensabile corso per foto-modelli nato per dare una speranza ai ragazzi di una favela di Rio de Janeiro.
Ma Fabio era anche della schiatta dei magnifici randagi, dei freelance (e anche free-lens) senza nome e senza fama, cercatori di sguardi, che non si rassegnavano all’infinita ripetizione dell’identico proposta dal facile immaginario di Internet. E’ andato per vedere e per farci vedere: lavorava solo per i nostri occhi. Abbiamo discusso tanto, in queste pagine, sul ruolo del fotoreporter “occidentale” in missione nel Sud del mondo, sul rischio etico che il suo lavoro costantemente gli propone come un enigma da risolvere in pochi secondi. Ora credo sia necessario, per tutti, riconoscere che tutte queste sottili distinzioni, pur necessarie, si fermano quando, sul piatto della bilancia, un “occhio pubblico” ci mette la pelle.
Non fiori, ma altre fotografie.
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